Uno dei successi nascosti della tv è stato DayDreamer, soap opera turca capace di emergere sul mercato internazionale e di ottenere riscontri e fan anche in Italia. Ma quali sono le ragioni?
È il 1 ottobre 2020, e all’esterno degli studi Mediaset di Cologno Monzese c’è fermento. Un’agitazione a cui nessuno è più abituato da quando gli uffici sono diventati estremamente silenziosi: le entrate sono contingentate in maniera precisa per contrastare il contagio da Covid-19, ma qualcosa ha sconvolto gli equilibri ordinari. Il suo nome è Can Yaman, il protagonista maschile dell’acclamata serie turca DayDreamer. Le ali del sogno. Una cinquantina di fan si sono incontrati, con tanto di mascherina e distanziamento sociale, per attendere il loro idolo, ormai all’apice della sua fama nel nostro Paese, e volato a Milano per un’intervista negli studi di Verissimo.
Il successo della serie è confermato, tra le altre cose, anche da uno studio di Parrot Analytics, che per il Corriere della Sera ha stilato i dieci titoli con più seguito in Italia nel 2020, unendo streaming, download, interazione sui social e ricerche. Al decimo posto, c’è proprio DayDreamer, con un indice di popolarità di 8,6 volte superiore alla media. Ed è curioso notare come la serie turca preceda altri titoli italiani molto seguiti come Il commissario Montalbano. DayDreamer, serie venduta in 21 Paesi, è la punta dell’iceberg di un panorama tv internazionale in cui la Turchia è diventata un polo attrattivo da anni. Ma come è riuscita la soap opera a conquistare in egual misura sia il pubblico turco sia quello internazionale? Quali sono i cambiamenti nascosti in un genere apparentemente così tradizionale?
Come le soap hanno cambiato la società turca
Un’argomentazione chiara dell’importanza socioculturale delle soap opera in Turchia è offerta dal documentario Kismet: How Turkish Soap Operas Changed the World, diretto dalla regista greca Nina Maria Paschalidou nel 2014. Ad aprire il documentario è una donna. Attraverso sequenze in città alternate a interni nelle case di persone comuni o attrici celebri, la regista mostra come le soap abbiano influenzato positivamente il pubblico e portato a un riscatto femminile da non sottovalutare: “Quando è andata in onda la storia di Noor la maggior parte dei media egiziani erano pieni di violenza, guerra e ingiustizie. Noor è arrivato e ha portato il romanticismo”. Noor (in originale Gümüş) è la protagonista di una delle prime e più celebri serie di produzione turca degli anni Duemila, in onda dal 2005 al 2007 su Kanal D. La serie mostra un inedito personaggio femminile, contraddistinto dalla voglia di affrontare gli ostacoli e superare i problemi non solo sentimentali, ma anche professionali, scontrandosi con una società maschilista. Il personaggio di Noor è stato solo il primo a portare alla luce gli scheletri noti e mai raccontati al grande pubblico della società patriarcale turca, e questo ha avuto ripercussioni sulla vita di molte donne arabe e ha aiutato a riscrivere i rapporti di coppia. “Ogni donna araba cominciò a chiedersi perché il marito non la amasse nel modo in cui era amata Noor”, dichiara una ragazza intervistata nel documentario. La regista mostra come le donne iniziarono a pretendere un atteggiamento più rispettoso dai mariti proprio grazie a quelle storie e che “quando gli uomini si arrabbiavano per le loro richieste, le mogli chiedevano il divorzio”. Queste serie hanno dato vita a un intimo dialogo con il pubblico che, grazie ai personaggi, interiorizza nuovi modelli e mette in discussione quelli esistenti.
Sanem rispecchia bene la doppia polarità interna alla serialità turca, sospesa tra tradizione e modernità. È una protagonista in bilico tra quello che desidera – Can ovviamente, ma anche un successo personale e lavorativo – e quello che di lei penserà la società, tratteggiata dal piccolo quartiere ma anche dai suoi colleghi.
Va poi considerato anche l’impatto politico e turistico che le serie tv, e in particolare le soap, hanno avuto come biglietto da visita per la Turchia verso l’estero. Le storie sono spesso ambientate a Istanbul, la città più internazionale e filo-occidentale (lontana dal rigido aspetto di Ankara). Questi cambiamenti strutturali hanno sancito un’importanza sempre più decisiva della Turchia nei mercati tv globali. Ospite al Mipcom di Cannes nel 2018, il presidente della Camera di Commercio di Istanbul Şekib Avdagiç ha affermato che le entrate generate da serie turche e dalle loro esportazioni hanno superato i 300 milioni di dollari nel 2017, rispetto ai 100.000 dollari del 2008. Con questi dati, la Turchia è diventato uno dei primi cinque Paesi esportatori di serie: le produzioni turche costituiscono il 25% dei prodotti televisivi di fiction che gli altri Paesi acquistano dall’estero. E contemporaneamente si assiste anche a una nuova sperimentazione nei generi, per il mercato interno come per quello estero. Dopo il consolidamento del Turkish drama (con successi come 1001 Nights, Gümüş, Forbidden Love), le soap opera stanno catturando la curiosità dei buyer internazionali. Sono un prodotto spendibile in molti mercati, un compromesso ideale per ogni parte del mondo, dall’Europa al Sudamerica.
Le ragioni di un successo esportabile
Erkenci Kuş, il titolo originale di DayDreamer. Le ali del sogno, è stata la principale sorpresa dell’estate 2020 in Italia. La soap, trasmessa in Turchia su Star Tv dal giugno 2018 all’agosto 2019, ha debuttato nel nostro Paese il 10 giugno su Canale 5, nello slot occupato regolarmente da Uomini e donne. Da giugno 2020 fino alla prima settimana di settembre, dal lunedì al venerdì, la soap ha intrattenuto oltre 2 milioni di spettatori con uno share che ha oscillato dal 18% al 21% nel daytime pomeridiano. Su Twitter l’hashtag #daydreamer è entrato prepotentemente tra i trending topic tutti i giorni di messa in onda.
Un’intensa storia d’amore, quella tra Can e Sanem, è incorniciata in ambientazioni dal fascino esotico, accompagnate da location lussuose e da uno stile ricercato nei costumi e nelle scenografie. DayDreamer e le nuove soap opera prodotte in Turchia condividono valori universali, primi fra tutti la famiglia e la tradizione, e mitigano fino ad annullare totalmente tutto quello che potrebbe creare contrasto culturale con i Paesi in cui saranno esportate. Come le soap classiche, DayDreamer si basa su interazioni amorose spezzate da colpi di scena e intrighi. Parallelamente, però, è presente un altro filo conduttore, ovvero la convivenza tra una concezione del mondo tradizionale e una più moderna. Il contrasto si evidenzia nel rapporto stesso tra i due protagonisti: Can e Sanem provengono da classi sociali differenti, e questo sarà uno dei maggiori ostacoli al loro sentimento. Le soap affrontano temi prima considerati tabù come i conflitti intergenerazionali: DayDreamer vede nelle prime puntate un confronto diretto tra Sanem, anima libera e sognatrice, e i suoi genitori, che le vogliono imporre un matrimonio combinato. Lei si sottrarrà a tale destino trovando lavoro nell’agenzia pubblicitaria dove è impegnata anche la sorella. Con serie come DayDreamer, Cherry Season e Bitter Sweet (altro successo nel nostro Paese, trasmesso da Canale 5 nell’estate 2019), si sono così fatti passi in avanti nella contestazione di pilastri culturali che in Turchia sembravano intoccabili fino a non molto tempo fa, e nonostante un clima politico in evoluzione.
Rispetto all’importanza del genere a livello internazionale, un altro aspetto da osservare è l’immagine di sé che la Turchia proietta sul mondo esterno. Esattamente come l’America è riuscita a cristallizzare un immaginario preciso (anche se spesso lontano dalla realtà) con centinaia di film e serie tv, così Istanbul si vuole presentare come un crocevia affascinante di stili di vita molto differenti. Un equilibrio brillante, seppur precario. “I prodotti turchi entrano in Paesi in cui il nostro stile diventa noto principalmente con le nostre serie tv”, osserva Şekib Avdagiç. E da anni la politica turca affida al settore audiovisivo un’importanza strategica e un ruolo di soft power: film e serie tv finiscono per dare un contributo positivo e decisivo all’immagine della Turchia nel resto del mondo. Basti pensare che di rado l’elemento religioso è inserito nelle serie tv, consapevole di poter aumentare tensioni o perdere fette di mercato. Le soap evitano furbescamente la fede, e numerose autorità religiose le sottopongono a censura o condanna perché contrarie ai principi islamici, visto che mostrano alcool, sesso prematrimoniale e tradimenti.
Il “soap power” dei nuovi personaggi
La prima puntata di DayDreamer si apre con una scena da musical hollywoodiano con la protagonista, Sanem, che balla e canta per le strade del suo quartiere tra ballerini e bolle di sapone. Un luogo che le sta stretto, e a cui è pronta a ribellarsi in ogni modo possibile. Sanem rispecchia bene la doppia polarità interna alla serialità turca, sospesa tra tradizione e modernità. È una protagonista in bilico tra quello che desidera – Can ovviamente, ma anche un successo personale e lavorativo – e quello che di lei penserà la società, tratteggiata dal piccolo quartiere ma anche dai suoi colleghi. Partendo da Noor e passando per la cuoca Nazli di Bitter Sweet, Sanem è il motivo centrale della storia e l’elemento femminile domina l’intera narrazione. Tutte le donne hanno uno spessore narrativo: dalle villain come le matrigne cattive (Aylin e Huma) fino a Mevkibe, la madre di Sanem, a cui sono affidati nodi fondamentali legati alla vita coniugale, contraddistinta anche da crisi di coppia e scontri domestici.
Un’intensa storia d’amore, quella tra Can e Sanem, è incorniciata in ambientazioni dal fascino esotico, accompagnate da location lussuose e da uno stile ricercato nei costumi e nelle scenografie. Come le soap classiche, DayDreamer si basa su interazioni amorose spezzate da colpi di scena e intrighi. Ma è presente un altro filo conduttore, la convivenza tra una concezione del mondo tradizionale e una più moderna.
Ma altrettanta attenzione merita il protagonista maschile Can Divit, interpretato dall’attore Can Yaman. Classe 1989, una laurea inutilizzata in Giurisprudenza e più di 7 milioni di follower su Instagram, Yaman è l’attore turco più celebre degli ultimi anni grazie alle sue interpretazioni in DayDreamer e Bitter Sweet. Nonostante la centralità data alla sua prestanza fisica, Can Divit non va ridotto solo al suo corpo, ma rispecchia il massimo esempio di fascinazione dell’esotico, dell’uomo che viene da una terra sconosciuta per il pubblico internazionale. Al di là degli addominali, il personaggio riscrive il modello maschile nelle soap opera turche: il suo Can Divit è una figura maschile sensibile, rispettosa e vulnerabile.
Can Yaman ha riscosso un tale seguito in Italia che si può parlare, senza cadere in esagerazioni, di “fenomeno Yaman”. Nell’estate 2019, l’attore espresse tutto il suo stupore vedendo centinaia di fan sotto il suo albergo a Napoli. “Come mai tutti amano Can? Grazie mille Napoli”, scrisse in un post su Instagram. Con soli due ruoli, Ferit Aslan in Bitter Sweet e Can Divit, ha conquistato la prima serata della tv italiana: è stato intervistato da Maria De Filippi nello studio di C’è posta per te e da Barbara d’Urso sul divano di Live. Non è la d’Urso nei primi mesi del 2020. Un fandom granitico, composto da decine di pagine social e siti web, ha permesso all’attore turco di arrivare fino alle librerie italiane. Il primo libro dedicato alla vita dell’attore, scritto da Floriana Rullo, si intitola Can Yaman. I love you forever ed è un’opera non ufficiale. Nelle edicole invece è stato distribuito il magazine ufficiale di DayDreamer, circa cento pagine di curiosità e interviste accompagnate da un calendario tutto dedicato alla serie. Can Yaman riesce a far risorgere anche abitudini editoriali che si credevano riservate ad altri titoli televisivi.
“È la prima volta che ci incontriamo con Ferzan Özpetek. Abbiamo intenzione di fare qualcosa insieme”, confida Yaman a Silvia Toffanin durante l’intervista di Verissimo. Nella sua opera prima, Il bagno turco, Özpetek raccontava Istanbul con gli occhi di Alessandro Gassman. In futuro, potrebbe essere la star delle soap turche a trovarsi al centro di una nuova coproduzione.
Matteo Illiano
Lavora come content creator per Mediaset Play. Alterna caffeucci e reality alla critica cinematografica e televisiva. Incapace di scegliere tra cinema e cucina, unisce tutto in unico luogo: @cinemadamangiare.
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