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Skam. Le vite a pezzi degli studenti di Oslo

Una lettura del teen drama norvegese che con la narrazione degli eventi in real time e l’uso contemporaneo di più mezzi ha cambiato le regole del racconto.

Verso la fine del 2016, molti critici televisivi si sono accorti dell’incredibile successo di un piccolo programma crossmediale norvegese, Skam. Il New York Times e Dazed hanno pubblicato articoli dedicati al fenomeno, e il Guardian ne ha addirittura scritti due (qui e qui). Tale attenzione è arrivata insieme alla terza stagione, che ha ottenuto un fandom globale ampio e molto attivo. Il successo è dovuto all’idea innovativa di racconto che Skam porta avanti, dando l’impressione di raccontare una storia in tempo reale e usando il transmedia per creare sia una forma di suspense sia un modello di coinvolgimento dei fan.

Skam è prodotto e distribuito dal servizio pubblico norvegese NRK P3, che ha mandato il primo episodio nel settembre 2015. La serie, il cui titolo in norvegese significa “vergogna”, racconta la vita quotidiana di un gruppo di teenager di Oslo. Ogni stagione (sta andando in onda la quarta e ultima), porta in primo piano un personaggio e i suoi problemi. I protagonisti delle prime due stagioni erano rispettivamente Eva e Noora. Nella terza, la storia si concentra su Isak, sul suo coming out e sulla sua relazione con il bipolare Even. La quarta mette al centro Sana e il rapporto con la sua religione, l’Islam. Come ci si attende da un teen drama, molte storyline riguardano problemi con i genitori relativamente assenti, cotte amorose e difficoltà nelle relazioni. Tutto questo è familiare agli spettatori più accorti, e certo il tratto innovativo di Skam non sta nei suoi contenuti, anche se comunque il programma affronta con coraggio temi controversi come l’islamofobia, l’omofobia e la salute mentale.

Nel tempo presente

Quello che davvero rende diverso Skam è però il suo storytelling. La storia è raccontata mediante brevi video, messaggi testuali e account su Instagram. La gran parte dei personaggi ha profili su Facebook e Instagram che i fan del programma possono seguire (anche se Facebook è poco aggiornato e consultato). Tutti questi elementi della storia sono pubblicati sul sito della serie in real time, nel senso che i pezzetti di contenuto diventano visibili proprio nel momento in cui gli eventi stanno in teoria accadendo. Quando Magnus manda un messaggio Facebook ai suoi amici alle 14.35 di venerdì 16 dicembre, il messaggio è postato sul sito di Skam proprio quel giorno e a quell’ora. Lo stesso vale per le clip e le foto di Instagram. In un certo senso, il modello distributivo di Skam ricrea la trasmissione istantanea dei contenuti resa possibile dalle odierne tecnologie di comunicazione. Abbiamo l’impressione che la storia che seguiamo stia accadendo ora, mentre la guardiamo e la leggiamo. È un concetto semplice e molto potente, e non è mai stato usato prima in modo così rigoroso.

L’effetto più immediato di una narrazione in tempo reale è un tipo particolare di suspense, dovuto al fatto che la serie si inserisce nell’esperienza vissuta del pubblico. È un buon esempio la scena seguente, in cui Isak, protagonista della terza stagione, e la sua amica Vilde organizzano una festa per il venerdì seguente.

La scena sembra molto semplice, ma mette in evidenza due importanti aspetti del racconto in real time di Skam. In primo luogo, la serie non ha un palinsesto fisso. I video possono essere messi online in ogni istante, ma sempre nel momento in cui gli eventi rappresentati stanno accadendo, e in questo caso alle 11.53 di lunedì 17 ottobre 2016. Di conseguenza, un’ampia parte degli spettatori vedrà probabilmente questa clip (che accade a scuola, durante un intervallo) nella sua pausa pranzo, dopo la scuola. Insomma, Skam adotta i ritmi quotidiani del suo target e scorre parallela a essi, diventando parte della vita quotidiana degli spettatori. La combinazione tra il grande successo in Scandinavia e la diffusione con tempi irregolari ha portato talvolta persino a incidere sulle vite dell’audience. Si dice che alcuni studenti abbiano saltato la scuola o perso il sonno per colpa di Skam. La serie crea un forte senso di attesa e di apprensione per una possibile interruzione imminente, e dà dipendenza. Dal momento che qualcosa potrebbe accadere in ogni momento, Skam è “sempre acceso”, almeno in potenza. Sui social media e sui forum online, molti fan del programma ammettono di fare refresh di continuo del browser per vedere se c’è qualcosa di nuovo.

Allo stesso tempo, questa scena organizza le attese degli spettatori, annunciando in modo chiaro che il prossimo grande evento della serie sarà il venerdì successivo. Le feste sono di solito le occasioni in cui la trama di Skam si sviluppa di più. Nel party che Isak e Vilde stanno organizzando, Isak potrebbe incontrare la ragazza che è innamorata di lui e/o il ragazzo di cui lui è innamorato. Ovviamente, è complicato. Perciò quando la clip annuncia una festa alla fine della settimana, nessuno dei fan sa bene quando il prossimo set di eventi accadrà, e tutti sono in attesa di un video che sarà diffuso a un certo punto del venerdì sera. Skam crea pertanto archi di attesa più lunghi con cui mantiene l’attenzione del pubblico per estesi periodi di tempo. Anch’io, a metà dei miei trent’anni, devo confessare di sentirmi ogni tanto come un teenager che non vede l’ora che il “grande giorno” arrivi. I due elementi – la mancanza di un palinsesto e i lunghi archi di attesa – creano la particolare suspense in tempo reale tipica di Skam.

La costruzione dell’attesa, e di una comunità

Con questa suspense “sempre accesa” Skam riesce a coinvolgere il pubblico e a tenere attivi i frequenti intervalli tra i vari segmenti pubblicati. Alcuni fan preparano la traduzione del contenuto norvegese per i gruppi di spettatori internazionali. Il video visto prima è stato sottotitolato da un fan norvegese e reso disponibile online poco dopo la sua diffusione sul sito ufficiale (e questo di solito accade su YouTube o, in modo più affidabile, con Google Drive). Anche i messaggi tra i personaggi sono tradotti appena possibile, quasi in tempo reale, subito dopo la loro comparsa sul sito (stavolta su Twitter). La barriera linguistica è un innegabile ostacolo per accedere ai contenuti. Rendendoli accessibili, le traduzioni in diretta aumentano l’entusiasmo della community internazionale dei fan. Le traduzioni fanno parte di una più ampia economia del dono (che comprende altri user generated content, come le fan art) che rafforza i legami sociali nel gruppo.

Abbiamo l’impressione che la storia che seguiamo stia accadendo ora, mentre la guardiamo e la leggiamo. È un concetto semplice e molto potente, e non è mai stato usato prima in modo così rigoroso.

I fan internazionali hanno poi svolto un ruolo importante per promuovere la serie. Hanno contattato i giornalisti, invitandoli a scrivere articoli su Skam, e alcuni degli articoli citati in apertura sono il risultato di questa attività che aumenta in modo diretto la publicity, il valore e l’esportabilità del programma. Ancora più importante, gli intervalli tra i mini episodi di Skam invitano a ragionare sugli sviluppi possibili della serie e stimolano conversazioni sui temi centrali di ogni stagione. Nella terza, le teorie riguardavano soprattutto l’omosessualità e il coming out di Isak e il disordine bipolare del fidanzato Even. I fan discutevano in lunghi, complessi e dettagliati thread le ragioni per cui Even si comportava in alcuni modi, cosa poteva averli innescati e come questo stato avrebbe potuto influenzare il corso degli eventi; e proponevano riflessioni più generali sulla capacità di amare di persone bipolari e sulle sfide che affrontano in un rapporto. L’attesa per il prossimo episodio è intensificata dall’urgenza delle questioni sociali affrontate. Seguendo la serie, le discussioni sono parte integrante del programma, e una tra le biforcazioni transmediali che compongono il testo. Julie Andem, headwriter della serie, quando scrive tiene conto delle discussioni che avvengono tra i fan, a conferma ulteriore di questo punto di vista.

I confini del testo seriale

Tutto questo – la specifica temporalità, il suo transmedia storytelling, il coinvolgimento dei fan e il loro impatto nello sviluppo della trama – solleva una questione più generale: dove comincia e finisce esattamente Skam? Qual è la forma del programma? Non si può ridurre alla sequenza dei suoi frammenti narrativi sparsi tra i media, e nemmeno a un solo medium. La forma dinamica della serie trascende tutte le componenti. È aperta al cambiamento, e rigorosa nella sua modularità. Questo dualismo è una coerenza dinamica, così come emerge da un assemblage transmediale. Chiunque abbia seguito la serie concorda, per esperienza, che Skam è innanzitutto un’intensa rete di relazioni affettive segnate da urgenza, attaccamento e attesa. Forse tra molti anni, quando gli spettatori avranno dimenticato le storie narrate, ricorderanno però l’esperienza e la suspense create da Skam, vero obiettivo dei creatori della serie. Se il programma dà una lezione a studiosi e professionisti, è che nel panorama mediale di oggi non basta solo costruire attentamente il contenuto di un programma, ma anche le relazioni multiple, sociali e affettive, che gli stanno attorno. L’elegante integrazione di tutti questi elementi in Skam diventa così un esempio importante.

Nella terza stagione, i creatori del programma svelano di essere stati sorpresi dal loro stesso successo. Man mano che la popolarità della serie aumentava, i mini-episodi hanno cominciato a includere alcuni meta-commenti sulla serie. Gli autori hanno avuto paura di perdere il controllo, nella loro continua modulazione del presente. La sovrabbondante attività in tempo reale dei fan ha superato il tempo presente costruito dagli autori, anch’essi finiti dentro al movimento a cui stavano dando forma. Questo aspetto si vede in modo chiaro nell’ultima scena della terza stagione, a dire il vero piuttosto didascalica. La scena ha luogo il 16 dicembre, al party natalizio organizzato da Isak e altri amici. Isak parla a Eva del rapporto con Even e di come sia cambiato. Un Isak più maturo, e questo è interessante, sconfessa anche la sua eccessiva fiducia sui media.

Fedele all’esperienza in tempo reale, Skam proclama quindi che “la vita è… ora”. Ma questo “ora” finisce su uno schermo nero che sembra dire che non ci saranno più altre immagini. Il finale di stagione, in qualche modo, libera quel presente che ha occupato per mesi e invita la sua audience fuori dagli schermi perché possa vivere, almeno per un po’, la sua vita quotidiana. È chiaro che i creatori qui sono consapevoli degli effetti che la storia in real time ha prodotto, potenti al punto che sembra che persino loro si siano stancati dei media. La scena suggerisce che un uso intensivo dei media sia una perdita di tempo che rende falsa l’esistenza: come esempi, Isak cita Narcos e i videogiochi. Skam impone pertanto una distinzione tra la vita “reale”, fuori dai media, e quella “falsa” e mediata. Questo sussulto moraleggiante degli autori di Skam risulta straniante e fuori luogo, dato che, se c’è una cosa che la serie mostra bene, è proprio il modo in cui la vita di oggi è sempre mediata (da messaggi, foto su Instagram eccetera) e che questo non sempre è un male. Ci sono vari momenti in cui Even riesce a uscire dalla depressione e a socializzare giocando a un videogame sul divano con qualcuno. La serie stessa ha permesso alla sua comunità internazionale di fan di avere scambi densi di valore e di significati su temi rilevanti. Se i media danno forma alle nostre vite, l’esito non può essere condannarli in blocco. Dovremmo piuttosto distinguere i vari effetti – utili e dannosi, rinvigorenti ed estenuanti – e orientare il nostro uso dei media in modo che rendano migliori le nostre esistenze. Forse però quest’ultima scena è solo un tentativo di riflettere sulle nostre abitudini mediali compulsive. Un’altra lezione che Skam ci ha insegnato, in dosi massicce, è quanto un racconto continuativo in tempo reale possa essere molto, davvero molto, stancante.


Toni Pape

È assistant professor presso il Dipartimento di Media Studies dell'Università di Amsterdam. La sua ricerca si concentra sull'estetica della televisione contemporanea e sulle culture partecipative.

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