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Te lo do io Sanremo

All’alba della 69esima edizione, con due comici accanto al “dirottatore” Baglioni, ricostruiamo il lungo intreccio tra musica e battute. Sono solo canzonette?

La scalinata dell’Ariston: Baglioni cade, Bisio prende fuoco, Raffaele si sfascia il vestito. Sono i promo di Sanremo 2019: nessuno dei tre protagonisti è Wanda Osiris, divina della nostra rivista classica e padrona della sua scalinata. C’è qualcosa di più antico della gag della scala, in tutte le possibili varianti, dalla caduta alla mancata entrata, fino all’incidente durante la discesa poco dopo averla percorsa, quando il peggio sembrava passato?

Nel 1998 Raimondo Vianello assiste alla discesa un po’ insicura di Veronica Pivetti dalle scale dell’Ariston. L’ha appena presentata dicendo che è bella e dolce. Lei scende: “Lo sapevo che l’avrei conquistata”. Vianello: “No no, ci deve essere un errore nella mia scaletta, non doveva uscire lei” – ma la Herzigova, è il sottotesto. 2013: Bianca Balti inciampa nel vestito, Luciana Littizzetto esulta, il pubblico ride. 2015: si apre per ben due volte la scalinata, ma Arisa non scende per andare da Conti, ma compare a sinistra del palco. Il giorno prima, spiega, è caduta, ha pure la gamba fasciata: “Mi sono spezzata tutta quanta”. Risate. 2018: Sabrina Impacciatore cade sul palco poco dopo aver disceso la scalinata. Scegliendo come conduttori al suo fianco Bisio e Raffaele, e mettendo in scena questa gag, Baglioni e i suoi autori ci stanno dicendo che sarà un Sanremo comico? A Sanremo si ride, in effetti. Tante volte, anche, si ride di Sanremo: quando l’inciampo è vero, tutto cambia.

Il comico come guastaFestival

La gara è una cosa seria, non si può riderne. O almeno non così apertamente. Il conduttore può fare qualche battuta, alleggerire. Qualcosa cambia nel 1972 quando Paolo Villaggio non è un intermezzo ma affianca Mike Bongiorno e Sylva Koscina. Il comico procede per tocchi surreali, e questo crea un piccolo scossone nella messa sanremese: “Una mia mostruosa dimenticanza di ieri sera”, dice Villaggio a Mike, “siamo nella città dei fiori e io mi sono dimenticato di dare a Sylva un meraviglioso omaggio”. Ed entra in scena portando un enorme vaso di fiori che lo sovrasta. Certo, anche Mike è imprevedibile, ma per altri motivi: dice che il Festival è organizzato dal comune di… Milano.

Nel 1978, ecco Beppe Grillo. Arriva in un anno in cui il Festival è sottotono, e serve appunto a far crescere la curiosità, con ruolo quasi di co-conduttore. Nel 1980 tocca invece a Roberto Benigni, che ruba la scena a tutti. Gli anni Ottanta vedono spesso l’alternarsi di questi due nomi sul palco dell’Ariston, come conduttori o ospiti. L’idea di comico come “elemento di disturbo” alla sacralità dell’evento prende con loro un senso ulteriore, grazie alla loro comicità eccessiva. Così, dopo un monologo sull’amore nelle canzoni e sull’amore libero rivalutato dal Papa, Benigni bacia Olimpia Carrisi. È anche il contesto stesso, quello del Festival, a essere messo alla berlina qua e là.

Se Villaggio si limita a entrare in scena con un pallottoliere perché, dice, il cervellone elettronico preposto per la prima volta quell’anno al conteggio dei voti potrebbe incepparsi (e succede), Grillo fa spesso del festival il suo monologo: “Se dal Malindi accendo la tv e vedono Ramazzotti e Zucchero cosa pensano… siamo noi i sottosviluppati o quelli lì?”. Dagli anni Settanta e soprattutto dagli anni Ottanta, il comico non può non esserci, come nella rivista classica da cui deriva anche il nostro varietà. Perché Sanremo è sempre meno una gara canora ripresa dalla tv e sempre più un varietà televisivo, che si adegua ai mutamenti del genere. I nomi dei comici succedutisi sul palco sono tantissimi, e coprono quasi tutto il panorama della comicità nostrana. Possono essere ospiti o spalle-conduttori, in rari casi conduttori veri e propri. Nel 1998 Raimondo Vianello conduce il Festival, e la sua ironia pervade tutte le serate. Nel 2006 tocca a Giorgio Panariello, ma le cose non vanno altrettanto bene.

Dagli anni Settanta e soprattutto dagli anni Ottanta, il comico non può non esserci, come nella rivista classica da cui deriva anche il nostro varietà. Perché Sanremo è sempre meno una gara canora ripresa dalla tv e sempre più un varietà televisivo, che si adegua ai mutamenti del genere. I nomi dei comici succedutisi sul palco sono tantissimi, e coprono quasi tutto il panorama della comicità nostrana.

Quando le cose vanno storte

Nel 1962, Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello si esibiscono con un intermezzo comico al Festival. È il primo in assoluto. Temi trattati: lo scandalo della penicillina, i missili in Sardegna, Romano Mussolini che sposa la sorella di Sophia Loren… Non vanno in onda, però. Il motivo – spiega Eddy Anselmi nel suo Sanremo 1951-2010 – è che gli spettatori in Eurovisione non capirebbero l’umorismo italico. Così lo sketch non è trasmesso neppure in Italia. Qualche mese prima c’era stata la gag della sedia di Gronchi, i due sono ancora ostracizzati. Sarà stato uno sketch bellissimo, ma non esiste. Le telecamere furono spente, i due si esibirono soltanto per il pubblico in sala.

Succede poi che il comico crei panico, tanto più a Sanremo. Nel 1981 Troisi dovrebbe salire sul palco, e invece decide di lasciar perdere. La Rai è ancora preoccupata per le polemiche su Benigni dell’anno passato e vuole leggere i suoi testi prima. Troisi comunica i temi: religione, politica, terremoto. La Rai gli dice di sì, parla di quello che vuoi tranne che dei temi comunicati. Gli interventi sono ridotti da tre a uno. Troisi rinuncia. Un’occasione persa, per la Rai. Nel 2013, invece, è Maurizio Crozza che scende le scale interpretando Silvio Berlusconi, mentre parte della platea lo fischia. Non riesce a riprendere in mano la situazione, tocca a Fabio Fazio placare gli animi.

Versi comici

Nel 1954 a Sanremo c’è Totò. Il principe è autore di una canzone, Con te: “Vorrei vivere con te, con te, con te tutta la vita, vorrei fremere con te, con te, con te gioia infinita. Vorrei perdermi con te, con te, con te nel fuoco ardente vivere, e morir d’amor con te, con te, con te”. Non una canzone comica, anzi.

Nel 1962 Gino Bramieri gareggia con Pesca tu che pesco anch’io. Luciano Tajoli polemizza su tale presenza. Bramieri dimentica le parole e improvvisa una danza:

Oggi il mondo è come il mare
o mia cara Mariolì
dove alcuno vuol pescare
un tesoro di tutti i dì.
Cerca, cerca, prima o poi
la fortuna arriverà…
per trovarla pure noi
amor mio, sai che si fa…
pesca tu
che pesco anch’io
o Mariolì
o Mariolì.

Qualche cantante si lascia andare a testi ironici, surreali, scanzonati (si pensi a Lucio Dalla, nel 1976, con Puf Bum), più spesso è il comico che è sdoganato come cantante e sbarca a Sanremo. Alle volte il colpo gobbo quasi riesce, e rischia di vincere. Nel 1986 Adesso tu è insidiata da Il Clarinetto. Nella prima canzone c’è la periferia economica e dell’anima superata grazie a una lei, la seconda dice:

Metti che ti presenti a una ragazza e dici, “Suono bene il clarinetto”.
Metti che lei capisce tutta un’altra cosa e ti fa subito l’occhietto.
Metti che sei un artista puro e questa cosa non fa certo un bell’effetto.
“Il clarinetto, quello che fa filù filù filù filà”.

Vabbè, sempre amore è, no? Nel 1996, Elio e le Storie Tese quasi rubano il premio a Ron. Anche la loro è una canzone d’amore, ma l’entità che amano, l’Italia, dà solo delusioni. Ma è così per tutte le grandi passioni. Pippo Franco riesce durante gli anni Ottanta a farsi ospitare fuori gara sul palco presentando le sue canzoni tormentone, da Mi scappa la pipì papà a Che Fico, addirittura sigla del festival nel 1982.

Ci sono poi le canzoni involontariamente comiche, da In Te di Nek (“Risalirò col suo peso sul petto / come una carpa il fiume”) a Vorrei aver il becco di Povia (“Più o meno come fa un piccione / Lo so che è brutto il paragone”). Fuori gara in questo elenco Shaggy, che nel 2012 più che cantare ulula sul palco. Ripescare da YouTube quel momento è un ottimo antidoto alla tristezza.

Rompere il giocattolo. Non è un desiderio irrefrenabile? Al comico tocca mettere Sanremo tra virgolette, sebbene solo in alcuni momenti delimitati. Insomma, è sempre l’istituzione che decide di aprire spazi diversi dalla gara e rovesciare certe dinamiche. Alle volte però l’attacco arriva dall’esterno, da tutto quel contesto che ruota attorno al palco, fisicamente e mediaticamente.

Ridere di, o come scardinare la “Situation!”

Rompere il giocattolo. Non è un desiderio irrefrenabile? Al comico tocca mettere Sanremo tra virgolette, sebbene solo in alcuni momenti delimitati. Insomma, è sempre l’istituzione che decide di aprire spazi diversi dalla gara e rovesciare certe dinamiche. Alle volte però l’attacco arriva dall’esterno, da tutto quel contesto che ruota attorno al palco, fisicamente e mediaticamente. Nel 1988 I Figli di Bubba gridano “Matrioska Libera!”. È Antonio Ricci che si palesa all’Ariston: il suo programma è stato sospeso da Fininvest, si grida alla libertà di satira. È forse la prima di una lunga serie di incursioni ricciane attorno, sopra, sotto, dietro al Festival.

Si può “bucare” dall’esterno il Festival, disturbarlo comicamente dal di fuori riuscendo a far vedere gli effetti di tale scavallamento sul palco? Nel 2003 la Gialappa’s dalle frequenze di Radio Due si inventa un piccolo gioco: chiede a diversi cantanti e ospiti di salire sul palco e dire “situation!”. Alcuni lo fanno, solo chi segue anche la radio sa cosa sta accadendo. Baudo rimane interdetto. È lo stesso giochino dei Jackal con “gnigni”, pronunciato da Favino sul palco lo scorso anno, parte di un racconto elaborato.

La scalinata, bis

Oggi “ridere di Sanremo” è così banale. È sport nazionale di una nazione di esperti & critici di tutto. Sport che da privato è diventato, grazie al web, pubblico. Twittare su Sanremo perculandolo dimostra alla fine tutta la centralità del Festival. Ridere di per esserne parte. Ridere di perché non c’è volontà di vero superamento. Ridere di perché Sanremo è Sanremo. Il blob ingloba, il blob non si distrugge.

Grillo lo sa, e già nel 1988 gioca a fare quello che c’è e non c’è, nel sistema e fuori sistema: “Sanremo è la mia sconfitta, come uomo e come professionista. Come voi giornalisti. Perché finché ci saremo io e voi giornalisti, Sanremo sarà sempre così”. Nel 2014 ecco ancora Grillo, da politico. Quella sera, si scatenò una “caccia al Grillo”: frotte di giornalisti che si passavano informazioni per lo più fasulle su quale carruggio avrebbe percorso. E poi l’arrivo, la calca, la corsa. Grillo si esibisce, ma fuori dall’Ariston, davanti a tutti i giornalisti. Tra gli altri, ce l’ha… con la Rai, il festival e i giornalisti.

Non è cambiato nulla, o quasi. Il blob ingloba, il blob non si distrugge. A proposito di scalinate. A ribaltare comicamente quel topos della rivista classica furono Garinei e Giovanni in Si stava meglio domani (1946). E grazie alla stessa Osiris. La Wanda interpretava infatti una moglie affetta da osirite acuta: durante un incendio realizzava il suo sogno spettacolare scendendo dalla scala… dei pompieri. La divina già era autoparodia, ed erano ancora solo gli anni Quaranta.


Stefania Carini

Si occupa di cultura, media e brand. Collabora con il Post, la Radio Svizzera Italiana, il Corriere della Sera. Ha realizzato podcast (Da Vermicino in poi per il Post) e documentari per la tv (Televisori, Galassia Nerd, L’Italia di Carlo Vanzina). Ha scritto Il testo espanso (Vita e Pensiero, 2009), I misteri de Les Revenants (Sperling&Kupfer, 2015), Ogni canzone mi parla di te (Rizzoli, 2018), Le ragazze di Mister Jo (Mondadori, 2022). Il suo ultimo libro è Il coraggio di Oscar (Mondadori, 2024).

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