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Narrazioni

L’Universo Marvel sta implodendo

Contaminandosi con i meccanismi del fumetto, l’Universo Cinematografico Marvel ha finito per frammentarsi in un mosaico disordinato di trame, incroci e narrazioni secondarie. Restare al passo, tenendo il filo della continuity, sembra ormai impossibile, se non irrilevante.

“I can’t go on, I’ll go on” scriveva Samuel Beckett ne L’innominabile, ma va abbastanza bene anche per l’universo cinematografico Marvel. I film dei supereroi, un tempo assegni in bianco da incassare alla bisogna, stanno attraversando un periodo di fluttuazione importante, in parte causato dallo stesso motivo che li aveva resi dei colossi dell’intrattenimento, e che ora impone loro di continuare quella che sembra una corsa senza traguardo: la continuity

Universi che collidono

Mentre noi eravamo impegnati a guardare le scazzottate tra supereroi, negli anni Duemiladieci Kevin Feige rivoluzionava i codici narrativi dei blockbuster hollywoodiani con la creazione dell’Universo Cinematografico Marvel (o MCU, dall’inglese Marvel Cinematic Universe). Il produttore a capo dei Marvel Studios, la casa cinematografica dei film tratti dai fumetti Marvel Comics, ha creato arazzi narrativi che si muovono nel tempo e nello spazio, attraverso lungometraggi e serie tv. Le avventure degli Avengers non sono un semplice crossover dove due o più grossi marchi (Alien e Predator, King Kong e Godzilla, Batman e Superman) si scontrano cercando di dissimulare il fatto che il loro incontro rappresenti il punto creativo più basso per entrambi i franchise.

Prima di Iron Man e soci, ogni film di supereroi esisteva in un mondo in cui quel supereroe era il primo a nascere. Superman non incrociava la strada con Batman e Spider-Man non si alleava con gli X-Men. Anche se appartenevano allo stesso universo, le storie non si influenzavano a vicenda ed esistevano in un vuoto narrativo. Un po’ perché era difficile, a livello logistico e organizzativo, coordinare queste corazzate, un po’ perché il pubblico cinematografico era stato abituato al fatto che qualsiasi promiscuità narrativa rappresentasse l’ultima freccia a disposizione nell’arco di una proprietà intellettuale.

Nel fumetto supereroistico invece la continuity, cioè l’esistenza di un canone, una trama generale che va rispettata, tanto nel caso di un singolo personaggio quanto nei confronti degli altri, che si muovono in un universo condiviso finendo per vivere avventure comuni (i crossover), non solo è una componente assodata ma ne è parte integrale, pretesa dai lettori, che spesso si specializzano nel diventare custodi della continuity e assicurarsi che nemmeno il più piccolo dettaglio di una nuova storia possa contraddire qualche evento passato.

Con l’arrivo delle serie televisive su Disney+, per seguire i supereroi Marvel bisogna guardare anche le miniserie. I tantissimi eroi portano in ogni produzione un pezzetto di una trama molto intricata che si poggia su eventi pregressi e pretende dallo spettatore, se non massima, considerevole attenzione.

Feige ha guardato proprio a quel mondo da cui provenivano i crossover, i fumetti: lì non erano sinonimi di bancarotta creativa, ma eventi che si estendevano su più testate, momenti di prestigio forieri a volte di grandi storie che univano le epopee supereroistiche a uno schema commerciale che obbligava il lettore a comprare titoli che non avrebbe acquistato altrimenti. Quello di Feige era un universo condiviso che aggiungeva una nuova sensazione spaziale: i film, connessi tra di loro, creavano uno spazio fuori dalla sala, portavano una dimensione fisica alle visioni sullo schermo. Questa operazione ha raggiunto l’apice con Avengers: Endgame, il film che concludeva lo scontro decennale tra gli Avengers e Thanos, e apriva a una nuova era, fatta di nuovi personaggi, nuovi attori, nuove trame.

Multiversi di trame e sottotrame

Con l’arrivo delle serie televisive trasmesse su Disney+, il gioco è entrato in un nuovo livello di complessità. Ora, per seguire le vicende dei supereroi Marvel, non basta più andare al cinema, bisogna anche seguire stagioni e miniserie varie sul piccolo schermo. E non sono più un nucleo di personaggi le cui vicende si intrecciano ma restano tutto sommato autoconclusive. I tantissimi eroi portano in ogni produzione un pezzetto di una trama molto intricata che si poggia su eventi pregressi e pretende dallo spettatore, se non massima, considerevole attenzione.

Nei fumetti, parlare di cosa sta succedendo a Batman o Spider-Man comporta lo stesso sforzo che impiegherebbe una persona con la licenza elementare a passare l’esame di Analisi 1. Se riassumere lo status quo di Spider-Man nel 2024 è una faccenda in realtà abbastanza semplice, almeno nei limiti che il concetto di semplicità assume quando si parla di narrazioni supereroistiche, spiegare a che punto della sua vita si trova Batman è materia da giuristi. Da anni, infatti, DC Comics soffre per via del suo passato lungo e tortuoso che ha provato a resettare in più occasioni, creando ogni volta dei punti spartiacque in cui tutto ciò che era stato raccontato fino a quel momento diventava parte di un’altra realtà. Dopo l’ennesimo azzeramento, la matassa di realtà parallele all’interno del multiverso era talmente ingarbugliata che l’editore ha creato un ulteriore livello frattale di complessità: un omniverso, un multiverso di multiversi dove le vicende considerate canoniche di Superman e compagni (che vivono nella realtà denominata Terra-0) non sono più al centro di tutto ma sono solo uno dei due poli attorno a cui ruota tutto l’ecosistema narrativo.

Douglas Wolk, autore del saggio Eroi, mutanti, mostri & meraviglie, scrive che la continuity, in quanto tratto caratteristico dei fumetti di supereroi, va abbracciata per quello che è. “Quando la continuity funziona, ed è usata bene, è uno strumento narrativo straordinario. Permette la creazione di un mondo, e di personaggi al suo interno, con decenni di retroterra a renderlo più ricco e profondo. Puoi dare per scontato tutta quella Storia, invece che inventarla o spiegarla.” Da tempo questo elemento, così prezioso e caratterizzante, è la maledizione dei fumetti di supereroi e quello che probabilmente tiene lontani i lettori più giovani, che invece riempiono gli scaffali di casa e i loro dispositivi con manga e webtoon.

In due recenti produzioni Marvel, la miniserie televisiva Echo e il film The Marvels ci sono tre riassunti delle vicende necessarie a comprendere il film. E perfino Aquaman e il regno perduto, sequel che si basa unicamente sulle conoscenze derivanti dal film precedente dell’eroe interpretato da Jason Momoa, si è premurato di fare un riassuntone di quello che era successo nel primo capitolo, forse non fidandosi della memoria a breve termine di spettatori sempre più distratti. Per poter essere compreso interamente, The Marvels attinge alle vicende raccontate nella pellicola Capitan Marvel e nelle serie WandaVision, Miss Marvel e Secret Invasion. La narrazione è talmente fitta, e il tempo che passa tra un prodotto e l’altro sempre più ampio, che gli autori hanno preferito, per sicurezza, ricapitolare perfino la trama di Capitan Marvel, di cui The Marvels è un seguito diretto.

In cerca di un reset

E quando uno o più di questi prodotti viene ignorato dal pubblico, tutta la struttura inizia a crollare. Come viene fatto notare da Stuart Heritage sul Guardian, i flop di critica e pubblico come la serie tv Secret Invasion o il film The Marvels mettono in una brutta situazione un universo dove tutto è collegato: “la gente si avvicinerà a questi film con dati incompleti. Non avranno lo stesso senso, e tutto questo perché il pubblico non ha avuto il coraggio di sopportare sei ore di cattiva televisione. È un altro segno che il MCU, un tempo davvero emozionante e divertente, è diventato poco più che un compito da fare a casa”.

Anni fa, quando l’allora neonato Marvel Studios prometteva di far diventare il cinema di supereroi come i fumetti, di supereroi, l’entusiasmo era accompagnato da un spettro, che aleggiava remoto ma inamovibile su queste produzioni: se i film stavano diventando come i fumetti sarebbe prima o poi arrivato il momento in cui le storie raccontate al cinema sarebbero diventate canovacci incomprensibili che necessitavano una conoscenza non meno che enciclopedica di quel mondo e la visione di una miriade di prodotti per stare al passo con tutti i dettagli di una narrazione bizantina.

La verità è che, come nei fumetti, gli appassionati di supereroi, quelli che ne apprezzano l’interconnettività e il continuo rimando a un finale irraggiungibile, sono pochi. Al pubblico generalista non importa nulla di tutto questo o, se gli importa, lo tollera a piccole dosi.

Ma questo problema, nel 2008, quando il pubblico smaniava per vedere Iron Man entrare negli Avengers, era in realtà un non-problema: il fumetto è un mezzo veloce, che esce ogni mese – a volte anche due volte al mese – e fa in fretta a carburare storie. I film richiedono anni di lavoro ed escono al cinema con un ritmo più rilassato. La saga di Thanos, partita ufficiosamente nel 2008, si è conclusa undici anni dopo. La ramificazione delle trame ha raggiunto massa critica solo di recente. E ciò che è peggio è che in questa ragnatela di storie, non si vede un disegno preciso. Si avverte la mancanza di un film degli Avengers che faccia da perno e, come dicono Dave Gonzales e Gavin Edwards, autori del saggio MCU: The Reign of Marvel Studios, “rassicuri il pubblico e dica ‘tranquillo, se ti sei perso qualcosa non importa, tanto saranno tutti insieme nel prossimo film’”. Per dirne una: Moon Knight, interpretato da Oscar Isaac (quindi un personaggio di peso, almeno sulla carta), è apparso per la prima volta nel 2022 e ancora nessun film o serie tv l’ha riproposto o almeno citato.

Si possono tirare in ballo la scrittura piatta e la mancanza di carisma di certi personaggi e attori, ma la verità è che, come nei fumetti, gli appassionati di supereroi, quelli che ne apprezzano l’interconnettività e il continuo rimando a un finale irraggiungibile, a una promessa di futuro eterna che non si esaudisce mai, sono pochi. Al pubblico generalista non importa nulla di tutto questo o, se gli importa, lo tollera a piccole dosi. Quando l’universo cinematografico Marvel ha cominciato ad applicare in maniera massiccia le tecniche dei fumetti, il pubblico ha cominciato ad abbandonare la nave. Restano gli appassionati di supereroi che, lo insegnano i fumetti, sono un tipo di pubblico che non mollerà mai, a prescindere da quanto in basso cadrà l’oggetto del loro interesse. Come i tifosi di calcio: potranno parlare male della loro squadra del cuore, insultarla e sputare sulla maglia, ma saranno i primi a fare la fila allo stadio alla prossima partita. “Perdere il pubblico generalista fa la differenza tra un flop e la dominazione dei botteghini” ha riassunto bene il Washington Post.

La lunga serialità è sempre stata un affare di nicchia, restava in ambiti ristretti, i fanatici delle soap opera, i lettori di fumetti, male che andava qualche serie tv che si trascinava troppo per le lunghe. Ma erano tutte piccole comunità, perché intanto nel mainstream la serialità dura, quella da corsi e ricorsi narrativi, con la continuity enciclopedica, non ha mai attecchito. Come Spider-Verse e il nuovo Deadpool hanno dimostrato, al pubblico piace solo percepire di essere in un flusso complesso che però è complesso solo in superficie e si riduce a qualche citazione, strizzatina d’occhio e rimando che non intacca la scrittura profonda dell’opera, tutte cose che al massimo, se non le ho capite, potrò recuperare con un articolo online che mi spiega tutte le soluzioni di questi rebus cinematografici.

Ora all’orizzonte, con la solita doppietta di film-evento dedicata agli Avengers, in uscita nel 2026 e 2027, c’è uno scontro di multiversi che potrebbe portare al completo azzeramento di tutte le trame, un reset che avrebbe come conseguenza un nuovo inizio. Nuove origin story per Iron Man, Thor, Capitan America, o semplicemente nuovi volti e nuove direzioni. Dopo quasi vent’anni di storie sarebbe la naturale evoluzione di un sistema che ha replicato i meccanismi del fumetto sia nei pregi che nei difetti.



Andrea Fiamma

Si occupa di fumetti, cinema e televisione. Ha scritto su Fumettologica, Domani, Linus, Rivista Studio, Mangasplaning e The Comics Journal; ha firmato i libri 50 manga da leggere almeno una volta nella vita (Newton Compton, 2021), Giorgio Cavazzano: Oltredisneyano (Comicon edizioni, 2023), Il grande libro dei quiz sulle serie TV (Newton Compton, 2022) e Cinecalendario (Burno, 2024): ha collaborato con il Salone Internazionale del Libro di Torino, Lucca Comics & Games e il Comicon di Napoli.

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