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Lui, lei, un cadavere. Le formule della serialità giallo/rosa

Un detective serio e un po’ rigido, una partner eccentrica ma geniale. Un modulo che regge una larga fetta di fiction e serie tv di oggi. Ma che affonda le sue radici in un cinema e una tv ormai classici.

Prendiamo un detective serio e preparato, tutto procedure e distintivo, affascinante e scapolo, o con una vita sentimentale complicata. Di poche parole, pratico e responsabile, rappresenta la legge, la razionalità. Affianchiamogli una partner dilettante, una detective improvvisata, sempre in mezzo ai piedi, sopra le righe, squinternata quasi, tutta improvvisazione e lampi di genio, il lato umano della giustizia. Cosa potrebbe andare male? Assolutamente niente, questa è forse l’unica vera formula segreta per una serie televisiva di successo. 

Tre facce, un solo trend

Genova, Blanca è una ragazza cieca che vuole lavorare in polizia. Con lei c’è sempre Linneo, il suo fido cane guida. Inizia uno stage nella stazione di polizia, tutti la guardano con sospetto, ma l’ispettore Liguori capisce che Blanca ha una marcia in più, nonostante la cecità vede cose che agli altri sfuggono, ha intuizioni brillanti che portano alla soluzione del mistero. Lei segue il cuore, non ha paura del buio ed è sempre pronta a infrangere il protocollo: finisce nei pasticci e lui deve correre a salvarla. Tra i due c’è del tenero (ma la situazione è complicata). Trasmessa su Raiuno a fine 2021 in sei episodi, la fiction ha registrato ascolti importanti. In attesa della seconda stagione, confermata, nel frattempo è sbarcata anche su Netflix (che raccoglie i successi della programmazione tradizionale) e la protagonista, Maria Chiara Giannetta, si è guadagnata una serata da valletta nel Sanremo dei record di Amadeus.

Spostiamoci in Francia, a Lille, Morgane fa la donna delle pulizie, veste come Amy Winehouse e ha l’aspetto di una scappata di casa, è una mamma single e ha una parlantina molto sciolta, forse troppo. Ha anche un quoziente intellettivo di 160, praticamente genio, ma qualche problema con l’autorità. La sua intelligenza fuori dal comune la porta a diventare un’accidentale collaboratrice della polizia, spina nel fianco del serioso ispettore Karadec, che ha non poche difficoltà ad agire fuori dagli schemi. Lei segue l’intuito, non ha paura di niente ed è pronta a infrangere il protocollo: finisce nei pasticci e lui deve correre a tirarla fuori dai guai. Tra i due potrebbe esserci del tenero. Morgane – Detective geniale è stato un successo della tv francese acquistato dalla Rai e trasmesso in chiaro nell’autunno 2021; non c’è stato il “boom” di ascolti di Blanca, ma si è fatta dignitosamente notare.

Ora un salto nella Londra vittoriana. Eliza Scarlet alla morte del padre, un detective privato, decide di portare avanti la sua attività. Ovviamente nessuno dà credito a una detective donna. L’ispettore William “the Duke” Wellington, già suo amico d’infanzia, fa di tutto per farla desistere (persino incarcerare), ma lei – manco a dirlo – è testarda e non demorde (si caccia nei guai e lui la salva). Tra i due c’è del tenero. A Miss Scarlet and The Duke è stata data meno fiducia, finita direttamente su Rai 4 nella primavera 2021.

Cambia la location, cambia il periodo storico, ma gli elementi fondamentali restano sempre gli stessi. Nella certezza del successo resta immutato anche il cliché estetico: la protagonista ha i capelli rossi e veste in maniera vistosa. Deve essere chiaro fin dai titoli di testa, lei è un’eccentrica – e in quanto tale creerà scompiglio (ma le vorrete lo stesso bene perché è la cerniera dell’empatia tra storia e pubblico).

Certo, non basta una semplice “formula”. Al successo di un prodotto seriale contribuiscono anche altri fattori, dal cast alla sceneggiatura, dal palinsesto alla produzione, ma gli esempi del giallo/rosa, procedurale romantico, sono innumerevoli. Molti sono diventati classici del piccolo schermo (Moonlighting, con Cybill Shepherd e Bruce Willis, su tutti – postmoderno all’ennesima potenza con precoce abbattimento della quarta parete e set smantellato nel finale della serie), altri non hanno avuto la fortuna che avrebbero meritato (Palm Springs, operazione amore, con Connie Sellecca e Greg Evigan), ma questo ibrido continua tuttora a produrre titoli – aggiornati ma, a conti fatti, sempre uguali – di cui il pubblico sembra non essere sazio. A volte sono storie che sbarcano prima in libreria (come Blanca, dalla penna di Patrizia Rinaldi, o Bones da quella di Kathy Reichs) e poi, con un debito restyling, approdano al piccolo schermo; altre arrivano direttamente dalla catena di montaggio della fabbrica hollywoodiana. 

In origine fu la commedia “squinternata” 

La tv ha saputo intercettare, declinandola al mondo della serialità, una formula presa in prestito direttamente dal cinema classico: svestendola dai vari aggiornamenti intercorsi nel corso degli anni e facendo un passo indietro arriviamo fino alla screwball comedy degli anni Trenta, quel particolare genere cinematografico che ha saputo unire lo spirito slapstick a quello sophisticated (tipico della commedia romantica alla Lubitsch). Protagoniste e motore di queste pellicole sono sempre coppie eccentriche, formate solitamente da una lei bislacca e stravagante e da un lui sornione e disilluso o ingenuo e impacciato – tra i titoli che danno via al filone, Ventesimo secolo di Howard Hawks e Accadde una notte di Frank Capra (1934), il primo più cinico e il secondo più romantico, distanza che condensa in maniera efficace il range di queste produzioni. Carole Lombard e Katharine Hepburn, Cary Grant e William Powell, i volti simbolo del genere, così fortunato in quegli anni da aver portato a sé anche un regista, all’apparenza così alieno, come Alfred Hitchcock (Mr. & Mrs. Smith, 1941). Gli Stati Uniti hanno un obiettivo, lasciarsi alle spalle la crisi del 1929, e si proiettano nel futuro: il cinema trasmette ottimismo e modernità, deve essere in grado di rompere gli schermi (ma solo per affermarne altri, di nuovi).

Cambia la location, cambia il periodo storico, ma gli elementi fondamentali restano sempre gli stessi. Nella certezza del successo resta immutato anche il cliché estetico: la protagonista ha i capelli rossi e veste in maniera vistosa. Deve essere chiaro fin dai titoli di testa, lei è un’eccentrica – e in quanto tale creerà scompiglio (ma le vorrete lo stesso bene perché è la cerniera dell’empatia tra storia e pubblico).

È tra questi titoli che inizia a configurarsi un possibile prototipo del giallo/rosa. ​​La signora del venerdì di Howard Hawks (His Girl Friday), con Cary Grant e Rosalind Russell – commedia del “rimatrimonio” del 1940 – ha per protagonista due giornalisti, ex marito e moglie, che si trovano invischiati in un caso di omicidio e, per discolpare un innocente ingiustamente condannato (e portare a casa uno scoop), si ritrovano a smascherare il vero colpevole. Sceneggiatura torrenziale, battute al fulmicotone, chimica perfetta. Da qui, la coppia che battibecca in cerca della soluzione del mistero diventa, nel corso degli anni, un topos inaffondabile che, dimostrando una modernità precoce, resiste, cambiando di decennio in decennio solo negli aspetti più esteriori, ma mantenendosi fedele al tema originario. Ancor prima, si può individuare una contaminazione dichiarata con il giallo in L’uomo ombra (The Thin Man, 1934) di W. S. Van Dyke, tratto da un romanzo di Dashiell Hammett (quello del Falcone Maltese e La chiave di vetro). Il film (quattro nomination agli Oscar) consacra come star di Hollywood William Powell, Myrna Loy e Skippy (il cane), qui nei panni di un ex investigatore e di una ricca ereditiera che incappano in un caso di omicidio. A questo primo film ne seguono altri sei, e poi ancora, eccoci, una serie tv nel 1957 (stavolta con Peter Lawford e Phyllis Kirk). 

La grande intuizione di questo formato è stata quello di fare giocare uomo e donna alla pari, con armi diverse ma senza posizioni di subalternità, dando alla protagonista femminile un potere extra-istituzionale (eccentrico appunto), rendendo centrale nella narrazione un tipo di donna nuova, emancipata, dinamica e ambiziosa. In questa struttura sono esplorati nuovi confini possibili per le strutture sociali tradizionali (la coppia, il matrimonio), ed è la donna a doverli conquistare, deve essere quindi lei l’elemento sovversivo. “Lei vede tutto alla rovescia”, così un Cary Grant paleontologo rimbrotta Katharine Hepburn, la “svitata” Susan Vance, in Susanna! (Bringing Up Baby) di Howard Hawks (ricca viziata lei, paleontologo nerd lui… Sì, Ross & Rachel). Ed è proprio così che operano le protagoniste femminile delle commedie gialle, portano nel quadro d’insieme un punto di vista inusuale, inaspettato: Blanca è cieca, Morgane è geniale e disordinata, Eliza Scarlet è… una donna (nella Londra del 1882 è un requisito sufficiente per essere outsider), Megan Hunt di Body of Proof è un ex chirurgo in tacchi a spillo (questa serie però, per esempio, non ha puntato abbastanza sul rosa, uccidendo addirittura il lui della situazione, e difatti ha chiuso presto).

L’arma del desiderio

Negli anni Settanta iniziano a farsi spazio in televisione alcuni titoli che battono questa strada, tra questi McMillan e signora (cinque stagioni con Rock Hudson e Susan Saint James, più una sesta, fallimentare, con solo Rock Hudson), ma senza mai arrivare alla sintesi brillante che finalmente riesce a esplodere negli anni Ottanta. Nel 1983, con Scarecrow and Mrs. King (da noi Top Secret) ci si avvicina al giusto mix. La serie tenta il rilancio della carriera di Kate Jackson, ex Charlie’s Angel. Qui l’attrice è una casalinga divorziata con due figli che è coinvolta da un agente governativo (Bruce Boxleitner) in una missione segreta, iniziano così quattro stagioni di avventure e guai. Lui professionale e protettivo, lei spontanea, pratica, pasticciona e piena di risorse (è una mamma!): ovviamente si innamorano e la serie chiude.

Sempre nel 1983 al cinema esce Finalmente domenica! (Vivement dimanche!), l’ultimo film di François Truffaut, geniale sintesi postmoderna che fonde alla perfezione la commedia romantica e il noir, omaggio a due generi portanti del cinema classico americano e, contemporaneamente, testamento artistico. I tempi sono maturi, l’Europa per anni ha studiato, pescato e analizzato il cinema classico americano, ora gli Stati Uniti, dopo il crollo dello studio system e l’avvento della New Hollywood, sono pronti a riappropriarsene. Dopo tutto questo rimestare, l’anno dopo Finalmente domenica! (sarà un caso?!) prende il via la serie tv che ha dato ufficialmente il via alla serialità dramedy: Moonlighting. Il programma nasce come detective story, ma ben presto l’accento viene posto sul romance, Cybill Shepherd e Bruce Willis diventano il prototipo perfetto della coppia brillante per il piccolo schermo; omicidi e casi da risolvere lavorano in funzione dello sviluppo romantico, con un approccio sfacciatamente metalinguistico (i protagonisti parlano di copioni, si rivolgono direttamente al pubblico, riflettono sui risvolti della loro storia d’amore in termini di ascolti). Da quel momento le serie tv con battibecchi tra lui e lei sulla scena del crimine non si contano più. 

La tv ha saputo intercettare, declinandola al mondo della serialità, una formula presa in prestito direttamente dal cinema classico: svestendola dai vari aggiornamenti intercorsi nel corso degli anni e facendo un passo indietro arriviamo fino alla screwball comedy degli anni Trenta, quel particolare genere cinematografico che ha saputo unire lo spirito slapstick a quello sophisticated.

“Uno dei temi portanti della commedia sofisticata è quello del desiderio, ossia della tensione verso il piacere, piacere sessuale prima di tutto, il cui però desiderio resta escluso dalla rappresentazione”, così Raffaele De Berti in Sophisticated comedy e cinema déco. Un genere e due declinazioni: Hollywood e l’Italia degli anni Trenta. Questo, con le dinamiche tra i protagonisti (e i loro caratteri, conservatore vs. rivoluzionario) è uno dei capisaldi della serialità crime con risvolti amorosi. Nella commedia la guerra dei sessi diventa, letteralmente, un gioco, il corteggiamento una lotta: “l’impulso amoroso di un uomo spesso si manifesta attraverso un conflitto”, si sente dire Susan Vance che non capisce il comportamento, perfettamente logico, del suo lui. Ma quando il gioco finisce, il conflitto si appiana… Il pubblico guarda altrove.

Dove sta la calamita? 

Quello del poliziesco giallo/rosa è un equilibrio complesso, oltre a operare su registri diversi, unisce da una parte una trattazione temporale simile a quello della commedia, che predilige un approccio corsivo alla storia rispetto a quello concreto, dall’altra – al contrario – necessita di concretezza, proprio per risultare credibile nella sua declinazione crime, accettabile solo se retta da una logica ferrea (o percepita come tale all’interno della dimensione del racconto). Quello che spesso è criticato a questo filone della serialità televisiva è proprio la mancanza di solidità nelle strutture rappresentative (Blanca che si sposta tra Portofino e Genova in pochi minuti, Morgane non ha un soldo e vive in una casa troppo grande, le analisi di laboratorio non sono pronte in cinque minuti…), ma è un aspetto passa in secondo piano perché a farla da padrone in questo genere è il carattere, quello della storia e quello dei personaggi, è tra questi elementi che deve esserci coerenza. La tensione è quella amorosa, sessuale (negata, per lo più – Blanca sogna solo di sfilare i pantaloni all’ispettore), non quella della suspense criminosa, che deve esserci, ma non prevaricare. 

La figura trasgressiva generalmente è sempre quella della donna: è lei che rompe gli equilibri, che ne crea di nuovi. I tentativi di sovvertire la regola sono pochi. Tra questi Lucifer: qui il paradigma è ribaltato e l’agente del caos diventa il maschio, nientemeno che il diavolo in persona (eccentrico per eccellenza), che diventa un molesto consulente della polizia di Los Angeles, fianco a fianco della detective ​​Chloe Decker, esasperata ma attratta da questo diabolico partner. La serie viene accolta freddamente, chiusa dopo tre stagioni e salvata da Netflix che ne intuisce il potenziale frizzantino, poco adatto al target famigliare e conservatore della tv lineare a cui fa riferimento il procedurale romantico. Più riuscito (forse perché più sobrio) il ribaltamento operato in Castle, lei detective (professionale) e lui scrittore (creativo) e in Bones, lei antropologa forense rigida e asociale, lui detective istintivo, empatico e religioso (quindi irrazionale, in conflitto con l’ateismo razionale e scientifico di lei) – Bones è il soprannome che lui dà a lei, identificandola come fredda, distaccata, dedita completamente al lavoro, un meccanismo speculare a quanto succede in Susanna (torniamo sempre lì) dove è Susan Vance a ribattezzare il suo inamidato coprotagonista paleontologo come David Bone (in italiano il Dr. Osso).
“Dove sta la calamita? La domanda è lecita perché se uno inizia a vedere un episodio non riesce più a staccarsi e arriva fino alla fine. Magari prendendo nota dei difetti o sopportando a fatica le stranezze di Morgane o registrando le incongruenze del genere poliziesco. Ma arriva fatalmente alla fine. […] La calamita è un piacere inconfessabile che ci tiene incollati a una storia anche quando ne percepiamo le assurdità”: così Aldo Grasso sul Corriere della Sera a proposito di Morgane – Detective geniale. Se nella commedia sofisticata i modelli delle strutture sociali tradizionali erano destinati, almeno idealmente, a crollare (in un addio al passato, verso un futuro di rinascita), nel crime giallo/rosa questa concezione, piuttosto, è piegata, plasmata, malleata e addomesticata in favore di una maggiore coesione e di una frustrazione narrativa (implicita nella serialità che sa come funzionare) che portano a spingere l’avvento della sovversione il più in là possibile: quando tra i due scoppia l’amore la parte interessante è conclusa. La calamita sta nella formula screwball, che negli anni ha saputo adattarsi, mascherarsi, ma c’è sempre.


Lorenzo Peroni

Storico dell'arte con una lunga storia d'amore per il cinema e la scrittura, non sempre corrisposto. Scrive per Artslife e Doppiozero.

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