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L’ossessione per l’autenticità

La recente passione della tv britannica per i fixed show: ore e ore di riprese da camere remotate per raccontare tutto ciò che accade. In modo più vero del vero.

Mi sono avvicinato a Banksy tardi. E andando a una sua mostra ho scoperto due cose: che si chiama Banksy e non Bansky, e che è un genio. Come tutti i geni non ha bisogno di teorizzare, ma lascia parlare i suoi graffiti. Uno di questi si chiama CCTV Scorpions. Sfondo celeste, e disegnate in basso a sinistra due CCTV, due telecamere di sorveglianza, che hanno le zampe e la coda di uno scorpione e si guardano, forse si sfidano. Torno a casa, vado su Google e scopro che la sua è una fissa. Dal 1998 disegna CCTV ovunque: al posto della testa di uno struzzo, dentro la sterpaglia di un quadro fiammingo, sui muri delle città in cui girovaga. A Londra questa fissa non passa inosservata a lungo, anzi inizia a dare fastidio, e un suo graffito sul muro di un palazzo con scritto “One Nation under CCTV” è fatto rimuovere in fretta e furia. Un ossimoro, in una società cloud dove nulla si cancella e tutto si archivia.

Per fortuna la tv non è mai stata così perbenista e bigotta: è auto-ironica e si diverte a giocare e sperimentare. Le Scorpion CCTV di Banksy, 20 anni dopo le telecamere del Grande fratello, si sono evolute e hanno imparato a catturare e a raccontare molto altro. Si chiamano fixed show, e per capire meglio di che si tratta bisogna volare in Inghilterra, sponda Channel 4, Schengen permettendo. Qui sono nati i fixed show più interessanti ed esportati nel mondo. C’è First Date, che racconta i primi appuntamenti di coppie di sconosciuti che si incontrano per la prima volta a cena in un ristorante di Londra; c’è Gogglebox, che spia 16 famiglie inglesi sul divano di casa mentre guardano la televisione; oppure c’è One Born Every Minute, che racconta le nascite e i parti del reparto di ginecologia di un ospedale di Londra, tutti i giorni, 24 ore su 24. E altri fixed show stanno per essere lanciati sempre da Channel 4, come The Job Interview, in cui le telecamere fisse raccontano i colloqui di lavoro degli inglesi, e l’ambizioso Eden, dove 23 protagonisti sono spediti in una landa desolata in Scozia per 12 mesi con un solo obiettivo: quello di creare un paradiso, un Eden sociale. Persone di qualsiasi estrazione sociale –  medici, veterinari, cuochi, operai, professionisti e disoccupati – avranno tutti insieme la possibilità di costruire un nuovo modello di società. Raccontato attraverso telecamere remotate.

Non solo totali

Si tratta quindi di programmi dal contenuto molto diverso, ma che in comune hanno uno stile di ripresa e una forma molto simile, e soprattutto una grande attenzione ai dettami tecnici e produttivi. Per catturare e raccontare le scene attraverso telecamere fisse c’è bisogno di moltissimi punti di vista, ed ecco perché mediamente in un fixed show sono utilizzate almeno 50 telecamere (si sa, gli inglesi esagerano sempre). Immaginate il risultato di 50 telecamere che riprendono tutto il giorno, tutti i giorni. È una mole enorme di materiale, ore ed ore da visionare e lavorare in montaggio: uno sforzo produttivo impressionante per costruire puntate da 50 minuti, un elefante che partorisce un topolino.

È il caso di One Born Every Minute e del suo incredibile lavoro di pre-produzione. Si sceglie un ospedale, il suo reparto di ginecologia e ostetricia. Si fanno i sopralluoghi per costruire un piano di punti-macchina: una cartina fatta dagli architetti, in cui sulla carta si decide dove piazzare le telecamere nel modo più funzionale al racconto. Le telecamere non devono vedersi tra loro, e in più occorre coprire tutti gli spazi dell’ospedale, dalla sala parto alle stanze, dall’accettazione ai corridoi. Un’altra difficoltà sta nel fatto che, se pure le immagini delle telecamere di sorveglianza di solito riprendono grandi totali descrittivi della scena, un programma non può essere fatto di soli totali, ed è quindi importante riuscire a piazzare le telecamere per avere non solo immagini descrittive ma anche e soprattutto i primi piani dei protagonisti, i close up che fanno la forza di qualsiasi racconto tv.

Di solito si allestisce una sala regia (gli inglesi la chiamano gallery) dentro agli spazi in cui si gira, nel caso di One Born Every Minute in ospedale. Qui ci sono i registi, gli autori e tanti monitor. Su ogni monitor si può vedere ciò che sta accadendo e monitorare i contenuti. I registi possono muovere le camere, zoomare, puntare da una parte o dall’altra a seconda degli avvenimenti, andarsi a pescare i primi piani. E questo approccio produttivo e tecnico è applicato, con alcune variazioni, a tutti i programmi fixed rig.

Si tratta di operazioni molto costose per un genere come il factual. Ed ecco perché probabilmente, in Italia, di One Born Every Minute continueremo a vedere ancora a lungo solo l’originale.

Se le immagini delle telecamere di sorveglianza di solito riprendono grandi totali descrittivi della scena, un programma non può essere fatto di soli totali, ed è importante piazzare le camere per avere anche e soprattutto i primi piani dei protagonisti, i close up che fanno la forza di qualsiasi racconto tv.

La scrittura dell'intimità

Ma questi programmi non sono solo dei programmi observational, che si fanno aspettando che le cose accadano. Anche qui la scrittura è fondamentale. I fixed si scrivono mentre si fa il casting e si scelgono i protagonisti. Si scrivono compiendo le scelte autorali più giuste sul set. E poi naturalmente si scrivono nel momento del montaggio. Una scrittura in tre atti, come per qualsiasi factual. Scrivere non significa costruire un programma finto o artefatto – questo è un sillogismo vecchio –, perché la scrittura parte sempre dalla realtà e surfa il reale: la sensazione così è di trovarsi ogni volta catapultati in un’atmosfera diversa. I fixed hanno un tono di autenticità e spontaneità difficilissimo da trovare altrove.

Essere presenti con gli operatori nel luogo in cui le cose accadono fa la differenza. Gogglebox non avrebbe la stessa forza ed efficacia se nel salotto delle famiglie osservate ci fossero anche i componenti della troupe. Invece i personaggi si trovano da soli sul loro divano, intorno a loro è tutto familiare, quotidiano e abitudinario, ci sono le loro cose, i loro mobili, e soltanto due piccole fixed camera piazzate alla sinistra o alla destra della tv. Tale assetto permette di restituire l’intimità senza filtri, l’autenticità di uno sguardo, le loro espressioni più vere, e dà al programma un carattere unico e originale.

Come mi ha raccontato il produttore di First Date, lo stile di ripresa dei fixed show, più che con il Grande fratello, è imparentato in realtà con le sitcom americane degli anni Ottanta, sul modello di Cheers (Cin Cin), una specie di fixed-com ante litteram. La serie raccontava la vita in un bar di Boston, e le telecamere seguivano gli avventori e i lavoratori. Pochi punti macchina, con poche inquadrature fisse: sul bancone, sulla porta, in un racconto visivo paradossalmente molto simile a quello di First Date UK, anche se senza copioni, senza attori e, come in tutti i fixed show, senza operatori a presidiare le camere. Questo legame, sia pur indiretto, testimonia quanto questo tipo di programmi sia particolarmente elegante e raffinato, ispirato ai modelli della fiction molto più che ai reality show.

La tv frulla e trita il presente, e tra una centrifuga e l’altra suggerisce forse qualcosa anche a Banksy. Le sue Scorpion CCTV violano la nostra privacy, ci controllano e ci spiano, non c’è dubbio, ma nel corso del tempo, oltre a spiare, hanno imparato a raccontare storie. Un’abitudine antica, vecchia come il mondo, che non può far paura a nessuno.



Davide Acampora

In Stand By Me dal 2010 dove è responsabile del format department. Collabora da anni con Simona Ercolani e ha sviluppato e curato programmi per la tv tra cui Il viaggio di Sammy (National Geographic), Alta infedeltà (Real Time), Coppie in attesa (Rai Fiction), A letto con il nemico (Fox Life) e Ho sposato un Gigante (La5).

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