Il flop è il grande rimosso della televisione e dei media. E proprio per questa ragione, sul nuovo numero cartaceo di Link. Idee per la televisione, ci divertiamo a parlarne.
È disponibile in libreria e negli store online (anche in versione ebook) il numero 24 di Link. Idee per la televisione, interamente dedicato al flop, al fallimento nelle industrie creative e dei media. È il più grande rimosso collettivo del mondo dello spettacolo, della televisione, dei mezzi di comunicazione. Ma proprio per questo ci può insegnare molto di più dei successi, delle volte in cui tutto va bene.
Il numero ha un formato magazine più grande, che resterà un prezioso unicum della collezione di Link. e sarà arricchito da serie fotografiche originali di Mattia Balsamini, Louis de Belle e dalle illustrazioni di Maria Chiara Moro, sotto la guida dello studio grafico Tomo Tomo.
La prima parte, dal titolo Non si scappa dal flop, si apre con la divertente confessione di Eugenio Bonacci, capo dei contenuti di Fremantlemedia Italia, che mette alla berlina il pensiero magico dei produttori e degli autori tv: per loro il flop non esiste, ma si gode (ovviamente in segreto) di quelli altrui. Tra i pochi che invece non si vergognano dei fallimenti c’è l’ex direttore di Italia 1 Luca Tiraboschi, che ripercorre in questa chiave alcune tappe della sua carriera. Nicola Pedrazzi ricostruisce passo dopo passo la breve e a suo modo favolosa vita di Agon Channel, il caso più unico che raro di un’intera rete tv che floppa senza lasciare traccia. Manuel Peruzzo ci parla dell’hype, arma a doppio taglio che vorrebbe assicurare il successo ma rischia di preparare la strada al fallimento, mica solo in tv. E il Dr. Samuel West, direttore del Museo del Fallimento, ci racconta l’idea e le difficoltà di mettere assieme una raccolta di questo tipo.
Floppando si impara. E dopo aver fallito ci si rialza. La seconda parte allora è dedicata a chi è riuscito a ricominciare più forte di prima, proprio grazie agli sbagli commessi. Paolo Madeddu racconta i primi inciampi di Jovanotti, superati brillantemente. Le testimonianze concrete della professionista di lungo corso Ilaria Dallatana e della fondatrice di Stand by me Simona Ercolani sottolineano quanto gli sbagli, inevitabili, siano soprattutto una scuola. Anche le tecnologie falliscono aprendo vere e proprie sliding doors: come il mondo in cui il sistema operativo Microsoft Bob non è stato un clamoroso buco nell’acqua ma ha preso il posto di Windows in una divertente ucronia immaginata dal Dr Pira.
La terza sezione ospita due importanti studiosi internazionali, Jean K. Chalaby e Amanda D. Lotz, che ricostruiscono le strategie industriali per prevenire il fallimento o per trarne vantaggio: il mercato globale dei format o il sistema dei pilot per le serie tv (al centro di profondi ripensamenti in seguito al diffondersi del modello Netflix) sono risposte strutturali alla paura di sbagliare.
Infine, un’ultima parte indaga il cambiamento di statuto del flop nello scenario contemporaneo, il suo moltiplicarsi e insieme il diventare sempre più parte inevitabile del paesaggio, routine subito dimenticata. Michele Boroni raccoglie in una classifica al contrario i dieci migliori flop dagli anni Duemila. C’è lo sbaglio che grazie a internet diventa epic fail (Pietro Minto) e il cimitero delle buone intenzioni costituito dalle piattaforme di crowdfunding e dai progetti mai partiti, o mai giunti al termine (Matteo Stefanelli). L’ultima parola è affidata alla saggezza del maestro Zen Fausto Taiten Guareschi: il flop è maestro di vita.
Tra i collaboratori ci sono anche Carlo Freccero, Peppino Ortoleva, Axel Fiacco, Stefania Carini, Simone Dotto, Dario Rossi, Gabriele Balbi, Paolo Magaudda, Pop Topoi, Rocco Moccagatta, Nico Morabito.