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Dimension Nova, nuova dimensione dell’unscripted

Una delle innovazioni tv più radicali è da poco andata in onda in Cina: Dimension Nova, un talent che parte dalla cultura pop locale per mescolare realtà e finzione, giudici veri e performance digitali. Funzionerà?

Tra i programmi non-fiction della scorsa stagione televisiva, ce n’è uno che forse non ha ottenuto l’attenzione che meritava: il format cinese Dimension Nova, andato in onda su iQiyi, una tra le maggiori piattaforme streaming a livello globale per numero di abbonati, parte del gruppo Baidu, uno dei tre colossi tecnologici del Paese insieme ad Alibaba e Tencent. Da un punto di vista formale, si tratta di un talent show di impianto tutto sommato classico: all’interno del Dimension Nova Museum (una struttura virtuale che ricorda il mondo di Hogwarts), tre expansion mentors (le giovanissime teen stars Angelababy, Wang Linkai ed Esther Yu dei THE9) giudicano le performance di 22 concorrenti (i rookie warriors) per decidere chi accogliere nella propria squadra, sul modello, per esempio, di X Factor.

Nuove tradizioni 

Ci sono però almeno due elementi che rendono questo programma molto interessante da vari punti di vista. Il primo, che riguarda l’aspetto culturale e ha una valenza soprattutto locale, è che si può ritenere uno dei più compiuti esempi, in ambito televisivo, del Nijigen. Secondo Gianluigi Negro, professore di Lingua e cultura cinese presso l’Università di Siena, è sostanzialmente una sorta di prestito da parte della Terra di Mezzo di tre filoni tipici della cultura giapponese: anime, comic e game. Non a caso, il fenomeno è conosciuto anche con l’acronimo di ACG. I rookie warriors che gareggiano per entrare nelle grazie di almeno uno dei tre expansion mentors non sono infatti concorrenti in carne e ossa, ma virtual idols, con tratti, animazioni e caratteristiche grafiche ispirate direttamente a questa cultura, presente nella società e nei media cinesi da più di mezzo secolo. Nato in Cina intorno ai primi anni Settanta, quindi in epoca pre-internet, e diffusosi attraverso i programmi tv per bambini, i fumetti, le riviste specializzate e, successivamente, le consolle di videogiochi, questo fenomeno, spiega ancora Gianluigi Negro, ha avuto per così dire un apice e consacrazione ufficiale nel 2011, quando sui canali della tv di stato Cctv è stata trasmessa una rassegna dei maggiori prodotti della cultura Nijigen, dentro allo spettacolo che celebra la festa della primavera, forse il più grande evento mediale a livello mondiale, capace di attrarre ogni anno un pubblico superiore a quello del Superbowl statunitense. Dimension Nova è quindi, a livello artistico e visivo, il frutto più recente di questo filone, che nel frattempo si è per così dire istituzionalizzato per la volontà del potere politico centrale di investire sulle industrie creative interne.

Grazie a una serie impressionante (e costosa) di tecnologie, tra cui l’utilizzo di videocamere in realtà aumentata, la combinazione di real-time data da motion capture e il real-time rendering in fase di registrazione, oltre all’uso mirato dell’intelligenza artificiale, la barriera tra reale e virtuale è qui abbattuta. Non ci sono schermi o dispositivi: i virtual idols interagiscono, ballano, cantano con i tre giovani giudici.

Il secondo elemento ha invece una valenza internazionale, ed è di portata così rilevante da poter forse cambiare le regole non solo dei programmi tv (o almeno di una loro parte), ma anche del comparto dell’intrattenimento nel complesso. È l’aspetto tecnologico, anche se a una prima superficiale visione non si direbbe. L’uso degli avatar, degli scenari virtuali e, in genere, della Cgi (Computer Generated Imagery, il vasto e variegato universo della computer grafica 3D al servizio degli effetti speciali nell’audiovisivo), è infatti tutt’altro che una novità, in televisione e non solo. Già negli anni Cinquanta Disney ha iniziato a fare i primi esperimenti in tal senso, e negli anni più recenti i prodotti che fanno uso di effetti speciali sempre più spettacolari si sono moltiplicati, al cinema e non solo. Per citare qualche recente esempio non legato al mondo fiction, Lost in Time, format lanciato nel 2017 in Norvegia e definito dai creatori un interactive mixed reality, utilizza la realtà virtuale e la computer graphic in modo interattivo, per far giocare i concorrenti in studio e il pubblico da casa (mediante smartphone e tablet), in una sorta di videogioco che mette in scena differenti periodi storici, dalla preistoria al futuro. In The Circle, un reality andato in onda su Channel 4 nel 2018 e poi su Netflix nel 2020, che ricalca le dinamiche tipiche del mondo social, i concorrenti possono comunicare e interagire tra loro solo per mezzo di avatar virtuali, su una speciale piattaforma attivata dalla produzione, appunto the circle. Nel format danese del 2019 Too Shy to Date, infine, single troppo introversi per trovare l’amore nella vita reale si incontrano nel più tranquillizzante mondo virtuale per compiere in seguito quel passo che la loro timidezza non aveva finora permesso di fare. Insomma, prodotti che mescolano partecipanti e situazioni reali con mondi generati dal computer non sono certo infrequenti. In Dimension Nova c’è però un salto di qualità, un passo in più così significativo da far diventare questo format un vero spartiacque, uno di quei rari prodotti che segnano un “prima” e un “dopo”, almeno per gli standard televisivi. 

Grazie a una serie impressionante (e costosa) di tecnologie, tra cui l’utilizzo di videocamere in realtà aumentata, la combinazione di real-time data da motion capture e il real-time rendering in fase di registrazione, oltre all’uso mirato dell’intelligenza artificiale, la barriera tra reale e virtuale è infatti qui definitivamente abbattuta. Non ci sono, o per meglio dire non si vedono, schermi o dispositivi che permettono la visione delle immagini virtuali: i virtual idols interagiscono, ballano, cantano con i tre giovani giudici (e con il Dimension Nova Museum Curator, un famoso cantante pop mongolo, in continuazione e a 360°, in un cross-dimensional space che è la cifra più caratterizzante del programma.

Avanguardia tecnologica

Provo a spiegarmi meglio. In tutti gli altri prodotti televisivi e cinematografici, sia scripted sia unscripted, i protagonisti del programma vedono i personaggi, gli oggetti e i mondi virtuali proiettati su uno schermo (che il telespettatore vede a sua volta, in una sorta di sgradevole “doppio filtro”), o devono invece indossare scomodi e antiestetici visori VR, o ancora vedono ciò che succede in una fase di pre-eleborazione, e quindi non nella forma visiva definitiva, ricreata poi dal computer in un secondo tempo: agiscono circondati da green-screen desolatamente vuoti e interagiscono con attori e pupazzi o con oggetti “grezzi” dotati di sensori che permetteranno poi una successiva ricostruzione grafica. Insomma, la compresenza tra reale e virtuale non è mai né fluida, né tantomeno “im-mediata”. 

Le tre giovani teen-stars e il più maturo curatore hanno così a che fare (artisticamente, emotivamente e a volte perfino sentimentalmente) con altre persone che solo incidentalmente sono virtual idols, perché questa distinzione, nel nuovo cross-dimensional space, non ha di fatto più senso.

In Dimension Nova, invece, l’ultima membrana che separa reale e virtuale viene meno, permettendo una compresenza (o meglio una commistione) dei due mondi effettiva e completa. I tre expansion mentors vedono i rookie warriors “dal vivo”, come e nello stesso tempo degli spettatori (per essere precisi si deve aggiungere: ma non nello stesso posto preciso). Questo fa sì che i virtual idols si comportino e vengano presentati come ogni altro concorrente reale: sono mostrati spezzoni della loro vita “vera” al di fuori del programma, e chi di loro passa il turno, perché scelto da uno dei tre mentors, può accedere alla advancement room, dove vede le altre performances dei “colleghi” attraverso un monitor ed esprime pareri su di loro, come in tutti i “normali” talent show. Addirittura, è dato perfino spazio alla sfera emotiva e perfino affettiva, anche nei confronti dei tre giudici “in carne e ossa”. L’uso massiccio della tecnologia si integra dunque perfettamente con la struttura e i punti di forza tipici del talent, e questo incontro ravvicinato tra persone reali e “irreali” è dato così per scontato che non si sente neppure il bisogno di sottolinearlo a livello narrativo.

Le tre giovani teen-stars e il più maturo curatore hanno così a che fare (artisticamente, emotivamente e a volte perfino sentimentalmente) con altre persone che solo incidentalmente sono virtual idols, perché questa distinzione, nel nuovo cross-dimensional space, non ha di fatto più senso. Questa integrazione completa e “non-mediata” tra reale e virtuale è di portata tale da ridefinire il mondo dell’entertainment. Per fare solo un esempio, va prendendo piede la formula degli show ibridi, frutto della compresenza di cantanti e musicisti sia reali sia virtuali: basti pensare allo straordinario successo del gruppo femminile K-pop Aespa, che mette sullo stesso piano persone fisiche e digital idol, in un’unica band. Si aprono in questo modo scenari tecnologici, sociali e, soprattutto, commerciali di portata enorme…
In patria, il format è stato accolto in modo discordante: sui social ha ricevuto commenti positivi, ma anche recensioni non troppo entusiastiche, perché a detta di alcuni le tecnologie mostrate e l’interazione messa in atto non sono confrontabili con quanto si trova online (d’altronde, però, il paragone, per quanto inevitabile, non è corretto). Allo stesso tempo, però, ha ottenuto buoni risultati d’ascolto, segno che l’esperimento, nonostante tutto, ha colpito nel segno. Tanto che si sta pensando a una seconda stagione. Forse l’unscripted ha davvero trovato una nuova dimensione.


Axel Fiacco

Ha oltre vent'anni di esperienza nel campo dell’unscripted. Docente in vari corsi universitari, svolge attività di consulenza e formazione a case di produzione e broadcaster italiani ed esteri. Nel 2021 fonda Format Espresso, un hub creativo e distributivo specializzato in IP, creatività, co-produzioni internazionali e distribuzione. Tra le sue pubblicazioni: Unscripted Formats. Teoria e pratica dei programmi televisivi globali (2020). La sua Friday's Espresso è la newsletter professionale sui format più seguita.

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